La cattiva economia del film In Time

Il film del 2011 In Time è abbastanza divertente, ma il film vorrebbe essere una critica al capitalismo: peccato che il mondo illustrato è lontano anni luce dall’essere capitalista.

Il primo errore del film sta nella sua premessa, cioè che le persone usano come moneta il tempo.
La moneta è un mezzo di scambio. Se io ho valanghe di uova e voglio scambiarne alcune con delle scarpe, devo trovare una persona che ha delle scarpe da cedere e accetta in cambio delle uova. Questo non è semplice. E poi le uova più passa il tempo e più deperiscono, perdendo di valore. Il baratto non è quindi una soluzione praticabile. Per questo ogni società scopre molto velocemente la moneta ed inizia ad usarla.
La moneta quindi non viene imposta dall’alto.
Una società sceglierà la moneta in base a determinate caratteristiche: dovrà essere qualcosa di divisibile, che tutti accettano, che non ha molta utilità al di fuori dell’essere un mezzo di scambio e, specialmente ai fini dell’analisi del film, cui valore resta abbastanza costante nel tempo.

Nel film In Time, la moneta è il tempo. Le persone nel film non invecchiano mai, ma hanno un timer dove è quantificato il tempo che gli rimane, e quando il timer arriva a zero muoiono. Il tempo che hanno possono venderlo e scambiarlo.

Questa premessa non ha quindi economicamente senso. Nessuna società sceglierebbe di utilizzare come moneta qualcosa cui valore impenna man mano che la disponibilità personale scarseggia. Perché è evidente che una persona darà alle sue ultime ore un valore immenso.

Il film ci mostra questa illogicità. C’è una scena in cui Olivia Wilde ha poco tempo rimasto, e deve incontrare il figlio per scambiare del tempo e aumentare la sua vita. Sale quindi sull’autobus, dove la tariffa è aumentata arbitrariamente, e arriverà dal figlio con pochi minuti a disposizione. Alla fine il tempo non le basta e muore.
Una società che vede accadere una simile cosa, deciderebbe di usare il tempo come mezzo di scambio? Chiaramente non converrebbe a nessuno, perché meno tempo si ha a disposizione, e più costa pagare un qualsiasi bene. Allora difficilmente le persone sarebbero disposte a privarsi del tempo, ma soprattutto sarebbe impossibile dare un prezzo alle cose perché il valore del tempo varierebbe troppo tra una persona e l’altra.
La cosa ulteriormente interessante è che i personaggi del film hanno quindi altri bisogni oltre al tempo come cibo, trasporti, vestiti, e via dicendo
Il tempo, qualora fosse limitato, sarebbe uno dei tanti beni disponibili sul mercato, ma non la moneta. La moneta sarebbe un’altra cosa, che appunto riflette le caratteristiche che una moneta deve avere.

Dobbiamo dedurre quindi che la società di In Time non è una società capitalista, basata sugli scambi volontari. C’è un’autorità centrale che decide che la moneta è il tempo, e non si possono usare altre cose come moneta.

Infatti qualora il tempo fosse scambiabile, acquistabile, ma comunque limitato, le persone preferirebbero utilizzare altro come moneta, e conservare il tempo nella maggior parte dei casi.

Il film però fa altri errori economici.

Da due scene successive pare di capire che la quantità di tempo non è affatto limitata. Il tempo nel film non è una risorsa scarsa bensì illimitata, e viene arbitrariamente ridotta da qualcuno. Infatti il protagonista lavora in una fabbrica dove si fabbricano i “contenitori di tempo”, e alla fine del film i cattivissimi miliardari del tempo hanno una cassaforte con triliardi di tempo stipati. Probabilmente l’autore immaginava i miliardi del nostro mondo depositati nelle banche offshore, e ciò rende il tutto ancora più ridicolo visto che avere miliardi stipati da qualche parte non rende la società più povera, anzi in un certo senso la rende più ricca proprio perché aumenta il valore della moneta (ma chiudo qua sennò finisce che scrivo un secondo trattato).

Quindi non solo abbiamo un’autorità centrale che obbliga ad usare il tempo, ma pure una banca centrale che decide quanto tempo può girare e chi può riceverlo per primo. A questo punto mi viene quasi il dubbio che il film non sia anti-capitalista ma forse addirittura libertario. Forse vuole svelarci i pericoli del lasciare che la moneta sia in mano ai governi? Purtroppo non è così, anzi i marxisti ne danno soddisfatti un’interpretazione anti-capitalista.

Un’altra scena vede una ragazza dire, parafrasando “[noi ricchi] alziamo i prezzi in modo che le persone muoiano”. Chiaramente ai comunisti dell’articolo linkato e all’autore del film, non viene in mente che non esiste in una società capitalista un organo centrale che stabilisce i prezzi della merce. Nel capitalismo il prezzo è un fenomeno spontaneo, che riflette il valore e la disponibilità della merce. Quindi la società di In Time non è capitalista essendoci un organo centrale che stabilisce i prezzi.

Altre riflessioni sul film

Puntualmente discutendo questo film arrivano le obiezioni malthusiane “se avessimo tempo infinito, moriremmo per il sovraffollamento del pianeta, per questo dobbiamo razionare il tempo”.  Ma non è così. Se i diritti di proprietà venissero usati, le persone semplicemente non genererebbero nuovi umani perché sarebbe troppo costoso mantenerli. Inoltre ci potrebbero essere ulteriori incentivi, volontari, per chi decide di sterilizzarsi o di mettere la propria fertilità in pausa. La verità è che già adesso viviamo in una situazione in cui niente ci frena dal riprodurci. Sì, le persone eventualmente muoiono, ma lo stesso succede nel film dove le persone muoiono tramite incidenti, omicidi, ecc. Sia la nostra vita che quella dei personaggi del film viene allungata, ma non si diventa immortali. Non c’è quindi nessun motivo per cui nel film non si possa avere tempo infinito. Tra l’altro buona fortuna a fermare il mercato nero del tempo. Se il tempo fosse infinito, ma la distribuzione vietata dal governo, sicuramente verrebbe venduto sul mercato nero, soprattutto in cambio di risorse più utili tipo cibo, o magari proiettili e fucili per combattere il governo comunista che si proclama capitalista di questo mondo fantascientifico (che è davvero vicino alla realtà, ma non per le ragioni pensate dall’autore).

Alla fine del film poi c’è una frase che è l’apoteosi dell’idiozia, con il cattivo che dice, parafrasando “affinché uno possa avere tanto tempo, molti non possono averne”. Questa è la convinzione che l’economia sia a somma zero, tipica purtroppo di tanti economisti schiappe, marxisti e giornalisti. In realtà la cosa bella di un’economia libera è che dallo stato di miseria assoluta in cui versa il mondo, produciamo delle cose e le scambiamo con altre, liberamente. Tramite questo processo il benessere delle parti aumenta. Questo perché io vendo delle cose, tu vendi delle cose, e alla fine entrambi compriamo cose di valore superiore rispetto a quello che abbiamo venduto. Questo è logico visto che altrimenti non avremmo mai venduto il nostro lavoro, i nostri oggetti, e così via.
Rimescoliamo le risorse disponibili, le scambiamo, e il benessere generale aumenta. Quindi alla fine di uno scambio, entrambe le persone saranno in una condizione migliore rispetto a prima dello scambio.

Mi sento triste

Alla fine il film è tutto sommato divertente, ma non posso credere che immense risorse accumulate grazie ad un sistema di quasi capitalismo, vengono spese per rappresentare un mondo che non è capitalista, chiamandolo capitalista e per criticare il capitalismo. Almeno il film, seppur involontariamente, mostra quanto può far schifo la vita quando il governo interferisce con l’economia. Peccato che le persone recepiscono il messaggio opposto.

Cosa posso dire? L’ingratitudine è immensa, ed è evidente che le persone che si lamentano del capitalismo in realtà non hanno capito molto della società in cui vivono.

 

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